Le testimonianze e i rilievi hanno confermato che il ciclista era tenuto a fermarsi e portare la bicicletta a mano, dando precedenza al bus.
Un episodio drammatico ha scosso la comunità locale, ma la giustizia ha avuto l’ultima parola. L’8 ottobre 2024, la Corte di Cassazione (Sentenza n. 1027/2024) ha assolto definitivamente un autista di autobus dalla grave accusa di omicidio colposo, in seguito all’investimento mortale di un ciclista avvenuto in prossimità di un attraversamento pedonale.
L’incidente tragico si era verificato in circostanze controverse. Secondo la ricostruzione dei fatti, l’autobus, dopo aver regolarmente effettuato una svolta a destra con il semaforo verde, era entrato in collisione con un ciclista che sopraggiungeva ad alta velocità. Il drammatico impatto aveva causato il decesso del malcapitato ciclista, la cui bicicletta era finita trascinata sotto le ruote del mezzo pesante.
Le indagini approfondite, condotte dal pubblico ministero, hanno portato alla luce una serie di prove schiaccianti a favore dell’autista dell’autobus. Rilievi fotografici e planimetrici dettagliati, unitamente a testimonianze oculari e una consulenza tecnica sulle cause del decesso, hanno rivelato una verità inaspettata.
Al momento dell’impatto, l’autobus aveva già completato la manovra di svolta, mentre il ciclista, accorgendosi all’ultimo dell’arrivo del mezzo, aveva frenato bruscamente ma invano. La bicicletta era quindi scivolata sotto le ruote, e il ciclista aveva urtato violentemente la carrozzeria con la testa, riportando ferite rivelatesi purtroppo fatali.
Nonostante la tragica conclusione, la Corte ha stabilito che l‘autista dell’autobus aveva rispettato scrupolosamente tutte le norme di prudenza, diligenza e perizia previste dal Codice della Strada. Al contrario, il ciclista aveva commesso una grave imprudenza, raggiungendo l’attraversamento pedonale a forte velocità senza nemmeno rallentare, nonostante un cartello segnalasse chiaramente la fine della pista ciclabile e l’obbligo di fermarsi e dare la precedenza.
Secondo i giudici, il ciclista avrebbe dovuto scendere dalla bicicletta e condurla a mano sulle strisce pedonali, invece di imboccare l’attraversamento senza accorgersi dell’arrivo imminente dell’autobus. Inoltre, la pista ciclabile terminava proprio per immettersi sulla strada principale, rendendo obbligatorio per il ciclista dare la precedenza ai veicoli in transito.
Le testimonianze raccolte e i rilievi effettuati hanno confermato in modo inequivocabile che l’autista dell’autobus non aveva alcun modo di prevedere l’arrivo repentino del ciclista, poiché quest’ultimo era ancora lontano dall’incrocio quando l’autista aveva iniziato la manovra di svolta a destra, con il semaforo che gli dava il via libera.
In buona sostanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità dell’incidente ricadeva interamente sul ciclista, il quale non aveva rispettato le norme fondamentali del Codice della Strada relative all’attraversamento pedonale e alla precedenza. Una sentenza che, pur non alleviando il dolore per la perdita di una vita umana, ristabilisce la verità dei fatti e l’innocenza dell’autista coinvolto in questa tragica vicenda.