Diritti del lavoratore nel caso di trasferimento di ramo di azienda inserito in un contesto più ampio di rapporti contrattuali di appalto vigenti tra le parti.
La Sezione lavoro del Tribunale di Roma si è di recente espressa in materia di diritti del lavoratore – escludendoli a dire il vero – nell’ambito di un trasferimento di ramo di azienda ex art. 2112 c.c. tra la cedente, a sua volta committente in virtù di un espresso contratto di appalto di servizi, e la cessionaria, che aveva ottenuto, giustappunto quale appaltatore, il compimento di detti servizi nel contesto di un ben più ampio contratto di rete stipulato tra le suddette società al fine di incrementare la loro competitività (Trib. Roma, sez. lav., sent. 19 maggio 2022 n. 4707).
Detta cessione, in particolar modo, era comprensiva dell’avviamento, dei rapporti contrattuali all’epoca in essere con i 504 dipendenti, delle apparecchiature del laboratorio collaudi, delle altre attrezzature, di software, degli autoveicoli, delle disponibilità finanziarie e delle relative passività.
Nel caso che ci occupa, il dipendente non aveva impugnato in giudizio il trasferimento del ramo di azienda, risultando quindi l’evento non contestato, bensì aveva eccepito che la cessione di cui si parlava aveva concretizzato in realtà un illegittimo appalto di manodopera o, comunque, una illegittima interposizione fittizia.
Da ciò, pertanto, chiedeva il ripristino del rapporto di lavoro con la cedente e la conseguente ricostruzione giuridica ed economica che gli sarebbe spettata.
Il Giudice, invero, nell’esercizio della potestas decidendi, non ravvisava elementi fittizi nel rapporto tra le due società in quanto il ramo di azienda aveva conservato la propria autonomia organizzativa e l’appaltatore aveva una propria organizzazione di mezzi necessari, con apporto di personale specializzato, aveva mantenuto l’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavori e aveva assunto il rischio di impresa.
I suddetti criteri, utilizzati dal Giudice per decidere la causa in esame, erano già stati elaborati dalla giurisprudenza maggioritaria, tra cui citiamo la ben nota Cassazione n. 13413 del 2021.
Il suddetto percorso argomentativo portava pertanto il Giudice a respingere le richieste del lavoratore nei confronti del precedente datore di lavoro, ciò nonostante, per un periodo di tempo successivo alla cessione, il dipendente avesse continuato a prestare la propria attività lavorativa relativamente ad un progetto in corso anche prima della cessione.
I compiti assegnati erano, infatti, giustificati dal contratto di appalto stipulato nell’ambito del ben più ampio scenario di contratto di rete vigente tra le due società.