Indebito assistenziale e tutela del beneficiario: la sentenza del Tribunale di Pavia fa chiarezza

Indebito assistenziale e tutela del beneficiario: la sentenza del Tribunale di Pavia fa chiarezza

La sentenza del Tribunale di Pavia rappresenta un’importante applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di ripetizione dell’indebito assistenziale, con particolare riferimento alla tutela dell’affidamento del beneficiario di prestazioni assistenziali.
Il caso riguardava la richiesta dell’INPS di restituzione di somme erogate a titolo di indennità di accompagnamento, pensione di invalidità e maggiorazioni sociali per un importo complessivo di € 37.856,16. La pretesa restitutoria dell’Istituto si fondava su una visita di revisione del 2017 che aveva modificato il quadro clinico dell’assistito.

Il Tribunale, richiamando espressamente la sentenza della Cassazione n. 29419/2018, ha accolto parzialmente il ricorso dell’assistito, annullando la richiesta di restituzione dell’indennità di accompagnamento (€ 27.010,23) e confermando invece la ripetibilità delle somme erogate a titolo di pensione (€ 4.467,79) e maggiorazioni sociali (€ 6.378,14).

Il principio cardine posto a fondamento della decisione è quello della tutela dell’affidamento del beneficiario di prestazioni assistenziali, in particolare quando l’inerzia dell’ente previdenziale si protrae per un lungo periodo di tempo impedendo di fatto all’assistito di attivare tempestivamente i rimedi amministrativi e giurisdizionali a sua disposizione.

Nel caso di specie, infatti, l’INPS aveva notificato la richiesta di restituzione solo nel febbraio 2022, ben cinque anni dopo la visita di revisione del 2017.
Tale ritardo aveva oggettivamente pregiudicato la possibilità per l’assistito di impugnare tempestivamente l’esito della visita medica, tanto più che il verbale della visita del 2017 confermava l’invalidità al 100% e conteneva l’indicazione che “non è previsto alcun adempimento a suo carico”.

Il Tribunale ha quindi ritenuto che, in presenza di tali circostanze, non fosse legittimo pretendere la restituzione dell’indennità di accompagnamento, applicando il principio elaborato dalla Cassazione secondo cui la mancata adozione di provvedimenti per un lungo periodo dopo la visita di revisione, privando l’assistito della possibilità di attivare tempestivamente le tutele amministrative e giurisdizionali, rende non ripetibili le somme erogate.

Diversa è stata invece la valutazione per quanto riguarda la pensione e le maggiorazioni sociali. In questo caso, infatti, il Tribunale ha ritenuto che il ricorrente non potesse essere considerato in buona fede, avendo ricevuto nel febbraio 2021 una chiara comunicazione circa la necessità di attivarsi per l’invio delle informazioni socio-economiche a seguito della modifica della percentuale di invalidità, oltre a specifici solleciti da parte dell’INPS per la comunicazione dei dati reddituali.

La sentenza si inserisce nel solco di quell’orientamento giurisprudenziale che, pur non equiparando completamente la disciplina dell’indebito assistenziale a quella dell’indebito previdenziale, riconosce anche in materia assistenziale l’operatività di un “principio di settore” che sottrae la ripetizione dell’indebito alla disciplina generale dell’art. 2033 c.c.
Tale principio trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 38 Cost. e nella necessità di tutelare le esigenze di vita della parte più debole del rapporto, che verrebbero frustrate da un’indiscriminata ripetizione di prestazioni già consumate in ragione della loro natura alimentare.

La decisione del Tribunale di Pavia rappresenta quindi un’equilibrata applicazione di questi principi, bilanciando la tutela dell’affidamento dell’assistito con la necessità di evitare indebiti arricchimenti, e valorizzando in particolare il fattore temporale e la condotta dell’ente previdenziale come elementi decisivi per valutare la legittimità della pretesa restitutoria.

La sentenza conferma inoltre l’importanza di una tempestiva azione amministrativa in materia di prestazioni assistenziali, evidenziando come ritardi significativi nell’adozione dei provvedimenti possano pregiudicare la possibilità per l’ente di recuperare le somme indebitamente erogate, in ossequio al principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

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